Black Tide: Fragments for an Opera

La Marea Nera: frammenti per un’opera

Da rappresentarsi nel villaggio di Muxia, in lingua gallega, il 19 novembre 2032, data che molti abitanti di quella costa rocciosa immaginano collocata in un futuro lontano e libero dalle devastazioni della marea nera. [1]

Si comincia con una leggenda galiziana. Una mucca da latte attraversa il palco, con una lanterna che pende dalle sue corna. Le luci si affievoliscono fino a quando è visibile solo la lanterna, che fluttua come se fosse stata gettata sulle onde. Si alza il vento. Una sentinella scruta con attenzione da un posto di vedetta malfermo, a sinistra del palcoscenico e un titolo cala su una vela rigonfia:

Terra o mare?

Il Coro è vestito di bianco: incappucciato in tute impermeabili di Tyvek che trattengono il sudore e attaccate ai polsini  con del nastro da pacchi trasparente. Si sigillano a vicenda nelle tute, chinandosi per addentare il nastro. Questa procedura viene eseguita con solennità rituale, in silenzio. Un pescatore entra in scena da destra e fa un gesto verso il coro:

“Questi sono gli astronauti”.

All’inizio la scena ha l’aspetto di un incidente aereo o di un attentato terroristico, la carneficina vista da lontano, da dietro una barriera di nastro giallo. Voci si alzano con il vento: il lamento crescente e soffocato delle maschere di un Sisifo collettivo, il coro che si trascina sulla spiaggia scura in una fila scomposta, passandosi  il carico sgradito da una mano all’altra sul ripido dislivello del palcoscenico.

Il Canto del Sisifo collettivo

Il ritornello è un canto in Gallego:

O prestixio do Sisifo
nunca máis
unha vez máis
nunca máis
unha vez máis[2]

Gli attrezzi sono scarsi. Il lavoro che vediamo qui è più primitivo e meno industriale di quello dei fuochisti di sala macchine e dei ballerini di sala del coro dell’era del carbone. Le fotografie della pubblicità sono ingannevoli. Queste immagini, frutto dell’insensata passione della fotografia per le uniformi e l’uniformità, ci danno l’ottimistica illusione di una schiera di corpi disciplinati e industrializzati in azione coordinata, visti dai posti più alti della balconata. Oppure ci offrono l’agonia barocca dei corpi singoli, isolati dalle lenti da opera, contorti e invischiati in pose tragiche.

Sono gli omuncoli in uniforme del disastro, in lotta con l’entropia stessa. Tutte le distinzioni – tra soldati e civili, tra chi lavora gratis e chi lavora per un salario basso, tra xente do mar e abitanti solidali della costa – vengono coperte dalle  spettrali tute bianche. Queste si anneriscono e si macchiano nel corso della rappresentazione, fino a quando chi le indossa assomiglia a mammiferi marini imbrattati, unti da un olio più antico del loro stesso grasso. Le mani, un tempo capaci di afferrare delicatamente i crostacei sofferenti, sono ora dei badili rudimentali, che si immergono senza indugi nelle pieghe viscose del carburante.

Il Re appare, alla destra del palcoscenico, circondato dai suoi servitori e da un gruppo di fotografi. Il coro continua la sua fatica di Sisifo, in gran parte incurante del seguito reale. Il Re si gira improvvisamente all’indietro, in goffo equilibrio su una gamba sola, per ispezionare la suola della sua scarpa. I fotografi si allontanano all’unisono da questo gesto proibito.

Il Canto dei pinguini allo zoo di San Francisco

“Il fotografo discendente degli oracoli e degli aruspici…” [3]

“È una nuotata infinita verso il nulla…”. [4]

Cala uno striscione:

Un mese dopo.

Il Primo Ministro e il suo seguito entrano, dalla sinistra del palco, in una torre di guardia avvolgibile ben fornita che ha sostituito l’albero instabile della vedetta. I fotografi abbandonano il Re e si precipitano alla base della torre. Il Primo Ministro osserva il coro attraverso gli occhialini da opera. Un cortigiano appare e legge un comunicato stampa:

“A quella gelida profondità, il petrolio si rapprenderà fino a raggiungere la consistenza di un pesante catrame”.

“Inoltre, la pressione degli abissi, sebbene esercitata in egual misura su tutta la materia, ostacolerà miracolosamente il galleggiamento del petrolio”.

“Se queste previsioni dovessero rivelarsi errate, possiamo assicurare senza timore di sbagliare che la nave smetterà di avere perdite il 15 gennaio 2003″.

Il Primo Ministro è distratto da uno scompiglio nell’angolo più lontano del palcoscenico. Viaggiatori dai connotati scuri stanno sbarcando da una barca a remi. I funzionari confabulano e una squadra di marinai viene inviata ad arrestare gli intrusi.

Il cortigiano continua:

” Avevamo sperato che la nave potesse essere stata rimorchiata a
sud… fuori pericolo”.

Appare una carta nautica con i dettagli delle coste francesi, spagnole, portoghesi e dell’Africa occidentale,
portoghese e dell’Africa occidentale.

La Canzone dell’Europa[5]

Viene proiettata una fotografia di cronaca. Il Segretario alla Difesa degli Stati Uniti durante una conferenza stampa, visto con una prospettiva incongrua da una posizione della macchina appena sotto la punta della sua scarpa. Una voce fuori scena dall’accento texano ripete la frase “Nunca máis” su un accompagnamento musicale appropriatamente allegro e “occidentale”, cui si unisce il rombo di diesel marini seguito dal rombo di motori di jet ad alte prestazioni. Il ritornello viene ripreso in modo più convinto dal coro e poi lasciato cadere, la qual cosa ci porta alla:

Canzone della necessità del petrolio[6]
Qualunque altra cosa possa accadere al testo di questa canzone, è importante che inizi o finisca con un verso dei Viaggi di Gulliver:

“… la Materia offensiva dovrebbe essere rimossa e allontanata su carriole”.

Appare il Premier della Provincia, accompagnato dal Ministro degli Interni e dal Ministro della Difesa. Il Premier ignora volutamente le fatiche del coro e procede a inaugurare con una cerimonia solenne un nuovo tratto di autopista. Un coro montante di motori di automobili segue il taglio del nastro.

Il Ministro degli Interni annuncia che la marea nera non è un’emergenza nazionale, ma un piccolo incidente di competenza del Dipartimento dei Lavori Pubblici. [7]

Il Ministro della Difesa, che ha ispezionato il coro, annuncia che le spiagge sono immacolate.[8] Un inserviente arriva con una sedia a sdraio, un ombrellone e una bevanda tropicale. Metà del coro continua a stare sull’attenti, mentre l’altra metà scava nel fango.

Qui le note si disperdono ma, come si suol dire, la storia non è finita…

L’autore apprezzerebbe un ulteriore aiuto da parte dei lettori con le seguenti canzoni:

La canzone dell’ultimo fascista d’altri tempi[9]

La canzone dell’ispettore navale

“Il denaro viaggia alla velocità della luce
finché non arriva l’inverno
e il mare ci ricorda…”.

“Dopo venticinque anni
Quelle enormi petroliere
sono macchine da fatica…”
[10]

“Non si può mandare una cartolina dal fondo del mare”. [11]

Il Canto della società contro lo Stato, che sarà eseguito alla fine dell’opera dal coro e che dovrebbe includere, da qualche parte, un passaggio del Mito di Sisifo di Albert Camus:

“Ma quando ebbe rivisto il volto di questo mondo,
beatosi dell’acqua e del sole,
dellee pietre calde e del mare,
non volle più tornare alle tenebre infernali”.

Allan Sekula
Galizia e Los Angeles
Dicembre 2002 – Gennaio 2003[12]

Sendón, Clara Ogando, Gustavo Luca de Tena, Frank Herbello e Sally Stein.

 

[1] Black Tide è stato commissionato, concepito e progettato per Culturas, il supplemento settimanale del quotidiano di Barcellona La Vanguardia, e pubblicato per la prima volta il 12 febbraio 2003. Il progetto è stato co-commissionato dal Centre de Cultura Contemporània di Barcellona.
[2] L’autore, nonostante il suo irragionevole desiderio di procedere nello spirito delle Sei poesie galiziane di Federico García Lorca, essendo solo un fotografo e non un librettista, inadatto alla poesia in spagnolo o nel suo nativo inglese, gradirebbe ulteriori suggerimenti da parte dei lettori. Inviare tutti i contributi a culturas@lavanguardia.es.
[3] Walter Benjamin, “A Small History of Photography,” [1931] in Edmund Jephcott and Kingsley Shorter, One Way Street and Other Writings, London, 1970, p. 256.
[4] Los Angeles Times, 21 January 2003.
[5] Si veda la precedente nota 2.
[6] Si veda la nota 2 di cui sopra.
[7] El Pais, 24 Dicembre 2002.
[8] La Vanguardia, 25 – 26 Dicembre 2002.
[9] Per indicazioni utili si veda Gustavo Luca de Tena, Fraga, Retrato de un fascista, traduzione in Castigliano dal Gallego di Antia Milde Carballeira, Anglet, 2001.
[10] Ignace Sekula, ingegnere aerospaziale in pensione, in conversazione con l’autore, Febbraio 2003.
[11] Bert Kanter, ispettore navale della Federazione Internazionale dei lavoratori dei trasporti, in conversazione con l’autore, Rotterdam, Ottobre 1999.
[12] Grazie a Carlos Guerra, Manuel Sendón, Olaia