La visione pittorica di Giorgio de Chirico
di Marcella Cossu
A Firenze dalla primavera del 1910, de Chirico inizia a rielaborare la propria visione pittorica tardo-ottocentesca e böckliniana, in una sospensione atemporale che affonda le radici nel sogno e nell’inconscio, tesa a sostituire la rappresentazione di un soggetto esplicito con quella di un soggetto enigmatico, in accordo con le teorie di Nietzsche, Schopenhauer e Weininger.
Due opere del 1910 quali L’enigma di un pomeriggio d’autunno e L’enigma dell’oracolo, nel culto dell’antico, rappresentano al contempo una cesura con il passato, sostituendo al “vibrato” cromatico naturalistico una stesura à plat prossima al linguaggio sintetico delle Avanguardie, e introducono al periodo metafisico di de Chirico. Paolo Uccello, i “primitivi” toscani, Rousseau il Doganiere – complice l’amicizia di quegli anni con Guillaume Apollinaire – la malinconia autunnale della piazza di Santa Croce, il dipanarsi delle lunghe teorie di archi degli acquedotti romani, costituiscono una parte degli influssi che portano alle prime Piazze d’Italia, preconizzate nei due dipinti di cui sopra.
Il breve soggiorno a Torino del 1911, rivelatore della suggestione di meriggi assolati tra portici, monumenti equestri, torri svettanti nel reticolo urbano dove lo stesso Nietzsche aveva smarrito la ragione, e le ciminiere e stazioni ferroviarie di Parigi, dove de Chirico si stabilisce con la madre e il fratello, completano, insieme con il tema classico di Arianna, scultura marmorea su piedistallo, la “nomenclatura” iconografica delle Piazze, destinate nell’arco di due anni ad evolversi da uno schema prospettico tutto sommato tradizionale a situazioni sempre più destabilizzanti, caratterizzate dal moltiplicarsi dei punti di fuga e da prospettive sempre più distorte e antinaturalistiche.
In seguito alla crisi economica del 1929 e alla contrazione del mercato artistico, de Chirico nei decenni successivi riprende, forte di una tecnica artistica quantomai evoluta rispetto agli Anni Dieci, la produzione di opere del periodo metafisico, “nella convinzione di farle meglio di allora”, come scrive Fabio Benzi (F.Benzi, G.de Chirico. La vita e l’opera, La nave di Teseo, Milano 2019).