- Il 15 dicembre 2022 alle ore 7:08 pm
«L’idea di considerare la natura come qualcosa di separato da noi ci ha portato decisamente fuori strada».
«Se ripercorriamo la storia, la filosofia, la letteratura e l’arte si trovano timidi segnali ma anche forti prese di posizione al riguardo; eppure, come accade ancora adesso, e nonostante si evochi l’apocalisse, nulla sembra fermarci. Troppo ingenui o troppo disincantati.
Testo e voce di Cristiana Collu
Regia e montaggio Carlotta Marrucci
Fotografia Nicola Baraglia
VFX Claudia Baralla
«Eppure se c’è un buon modo di buttare via (non solo) la nostra vita, è quello di lamentarsi invece di agire. Siamo tutti pronti a trasformazioni radicali e strutturali, ma anche stanchi di sentire solo carichi individuali di responsabilità.
«La comunità va continuamente rifondata. L’utopia va alimentata perché è il progetto di un futuro solo in parte prevedibile. È ancora sempre il pianeta Terra che abitiamo temporaneamente, ma anche sempre meno poeticamente.
«La grande Rachel Carson scrisse che “più riusciamo a focalizzare la nostra attenzione sulle meraviglie e le realtà dell’universo attorno a noi, meno dovremmo trovare gusto nel distruggerlo”; eppure la bellezza sembra essere il perturbante inizio del terrore, come diceva Rainer Maria Rilke.
«Ci ricordiamo le parole del Generale Patton “creare è bello ma distruggere è sublime” o in Apocalypse Now, mentre guarda lo scempio esclama: “Come amo tutto questo”. Perché estetica nel suo senso letterale significa sensibile e il suo contrario non è il brutto ma letteralmente l’anestetico, il narcotico, l’insensibile, l’immobile.
«Si tratta di creare un nuovo paradigma di priorità e di integrarlo dentro il principio di contraddizione. Siamo continuamente dentro il paradosso.
«Dovremmo sempre resistere alla logica purista, che ci fa demordere perché ci rende sempre imperfetti. Come se fosse un gioco ad escludendum. Di fatto anche il museo inquina, anche la mostra HOT SPOT, nonostante i suoi buoni propositi, ma la nostra consapevolezza e sensibilità aumenta. E la possibilità di cambiare le cose insieme, potrebbe diventare inarrestabile.
«Le trasformazioni sono inesorabili e continue, e non necessariamente negative. Dovremmo smetterla di essere affezionati a un passato che forse non è mai esistito così come lo ricordiamo, e stare con fermezza nel presente; anzi dovremmo pensarci come “passato del futuro”. Da questa prospettiva possiamo davvero cambiare traiettoria.
«Se non solo sentiamo ma ascoltiamo il lamento della terra, dovremmo tenderle la mano e tirarci fuori dai guai, perché siamo noi i baroni di Münchhausen. La terra altrimenti troverà i suoi metodi per rimettere le cose a posto e ci sopravviverà.
«Rimango infine sempre della stessa opinione: “action speaks louder”. Non solo, non mi stancherò mai di ripetere e di ripetermi una frase fulminante di Marie von Ebner-Eschenbach: “quando arriva il tempo in cui si potrebbe è finito quello in cui si può”».